Unicorno Malato
Un giorno, sul bassofondo di un fiume, viveva un unicorno d’acqua. Come tutti gli unicorni d’acqua, passava la maggior parte del tempo sotto la superficie, ed il suo mondo era fatto di acqua che sopra di lui scorreva veloce, mentre il fondo rimaneva sempre fermo.
Trotterellava allegro tra le alghe e le pietre, affondando gli zoccoli dove la sabbia diventa melma.
Quel giorno però, il nostro amico non riusciva a correre come sempre. Doveva farsi venire un gran fiatone per stare al passo con i suoi amici. Sentiva le gambe diventare piccole e dure, gli sembrava che tutto fosse melma, anche un fondale di solida roccia.
Stanco ed affannato, decise di tornare nella sua grotta, dove la mamma ed il papà avevano costruito la loro casetta.
Appena rientrato, l’occhio sempre vigile ed attento di mamma unicorno aveva già fatto analisi e diagnosi.
Caro il mio piccolo, tu non ti senti bene!
Ma no mamma, che dici, sono solo un po’ stanco. Ora mi riposo e domani starò meglio e potrò tornare a correre con i miei amici.
No, caro cucciolo, l’occhio della mamma vede oltre. Guarda dentro, in profondità. Il mio piccolo ha la febbre, non ha il suo solito passo. Gli occhi sono lucidi e la voce incerta, anche se provi a far finta che tutto sia come sempre.
Ma nella tua casa troverai conforto. Ora mettiti nella tua culla e riposa, i tuoi muscoli oggi hanno fatto molto più di quello che potevano.
Povero piccolo unicorno, già si immaginava il mondo fuori. Quello che di solito era banale e ripetitivo adesso gli sembrava assolutamente importante. Ogni minuto che avrebbe dovuto passare lì era un minuto perso in cui tutto sarebbe andato avanti.
I suoi amici avrebbero fatto cose meravigliose, avventure incredibili. Avrebbero ricorso un luccio fino alla superficie. Avrebbero litigato con quei piccoli granchi dispettosi. Avrebbero fatto a gare a chi fosse tornato prima a casa, per decidere il giorno dopo chi avrebbe tenuto la testa del gruppo.
Tutte queste cose, al nostro piccolo unicorno, neanche piacevano granchè.
Non trovava grande senso a correre dietro a quei pazzi dei lucci, con quelle bocche lunghe e piene di denti aguzzi. Non gli interessava giocare con i granchi dispettosi, che anzi gli facevano spesso paura, anche se era difficile da ammettere di fronte ai suoi amici. Più di tutti però odiava quella folle corsa fino a casa. Non vinceva mai e spesso gli altri lo prendevano in giro, facendolo sempre rimanere in fondo al gruppo.
Eppure tutte quelle cose ora gli sembravano irrinunciabili. Proprio oggi che avrebbe rincorso e superato il luccio. Proprio oggi che sicuramente avrebbe messo in riga tutti quei granchi dispettosi. Proprio oggi che avrebbe finalmente vinto la gara e domani sarebbe stato il primo del gruppo.
Tutti quei pensieri salivano assieme alla sua febbre, mentre la mamma lo guardava nel suo cantuccio, traducendo in parole i pensieri del piccolo, solo guardandolo in quegli occhi tristi.
L’indomani, il piccolo era ancora più stanco e debole. Quasi fermo ormai nella sua culla, passava le ore a sognare ed immaginare tutto quello che stava perdendo. L’animo era triste e stanco più della malattia.
Ma ecco arrivare la mamma, che di buon ora e corsa, la mattina era andata a prendere la migliore medicina di tutto il fiume. Perchè lei sapeva qual’era la malattia del suo piccolo, solo da uno sguardo.
L’unicorno sembrava invece abituato ormai a stasersene lì a piangersi addosso, che quando arrivò la mamma con la buona notizia della medicina, non si entusiasmò.
Era difficile fargli anche prendere quello sciroppo denso e amaro, che in breve l’averebbe riportato fuori da quella grotta.
Ma la mamma fu tenace e risoluta, vincendo tutte le bocche chiuse ed in nitriti del suo piccolo.
Già l’indomani, il nostro piccolo amico era di spirito e appetito. Mangiò tutto il pranzo che aveva preparato il suo papà e non si rimise più nella sua culla, girando giusto per casa ed appoggiandosi alle poltrone quando stanco.
Un altro giorno, un’altra forza nelle sue gambe. Era stanco ma pronto e la medicina non sembrava più neanche tanto amara. Si avvicinava il momento di tornare dagli amici, ed assieme alla gioia l’unicorno si sente anche un po’ spaventato.
Cosa avranno fatto in questi giorni senza di me? Gli sarò mancato almeno un po’? Mi avranno pensato?
Finalmente, la mattina successiva, dopo una grande pantagruelica colazione, l’unicorno uscì e andò verso la radura dove sempre si riunivano i suoi compagni di avventura.
Era arrivato per primo, e stava in un angolo con il corno basso, sperando che tutti gli venissero incontro.
E proprio così fù. Era mancato a tutti il nostro piccolo unicorno. Anche chi di solito lo prendeva in giro, adesso gli strofinava il viso dicendogli che senza di lui questi giorni erano stati diversi, incompleti.
Gli dissero di non ammalarsi mai più che senza di lui una parte importante di quel gruppo si perdeva nell’acqua, come le gocce di pioggia sopra il fiume.
LA gioia lo portò quel giorno a correre più forte, a fare tutto quello che aveva sognato nei suoi giorni di letto e medicine. Superò il luccio e lo fece rivoltare nell’acqua. Mise in riga tutti i granchi, senza paura e senza sentire più i loro fastidiosi pizzicotti. Ed alla fine, nel momento in cui non voleva mai arrivasse, corse più veloce di tutti. Perché nei giorni di malattia aveva riposato le sue belle bianche gambe, ed oggi aveva messo quell’impegno che mai metteva veramente, perché mai aveva veramente apprezzato quel momento.
La sera, tornando a casa, mangiò, bevve ed andò a dormire presto. La mattina successiva, per la prima volta, sarebbe toccato a lui guidare il gruppo, che così tanto gli voleva bene ed a cui era mancato.